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Il sistema moda italiano – il prezzo della crisi si paga nei distretti, non nelle passerelle

Il sistema moda italiano
Il sistema moda italiano - Tommaso Scalzi, Vicepresidente di FederImprese Europa

Federimpreseuropa, Moda: il prezzo della crisi si paga nei distretti

Il sistema moda italiano — colonna portante del Made in Italy e simbolo riconosciuto del nostro saper fare — sta attraversando una fase di tensione strutturale che va ben oltre il ciclo economico.

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Non è solo una crisi di mercato: è una crisi di equilibrio tra impresa, lavoro e territorio.

Nel primo semestre 2025, il comparto ha registrato una contrazione media del 4,3% del fatturato rispetto all’anno precedente, con punte del 4,5% nei settori core come tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature.

Parallelamente, si moltiplicano i segnali di fragilità occupazionale e relazionale: casi di licenziamenti collettivi si accompagnano a situazioni più gravi di licenziamenti gestiti in modo irregolare o in contrasto con la normativa vigente, a danno della fiducia tra impresa e lavoratori.

Le conseguenze non si fermano alle grandi maison.

I distretti storici di Prato, Biella, Carpi, Arzignano, Scandicci e Marche Sud si trovano in un equilibrio sempre più precario: secondo le analisi di FederImprese Europa, il settore rischia una riduzione dell’occupazione diretta tra l’8% e il 10% entro fine anno, con ripercussioni sull’indotto artigianale e logistico.

Il sistema moda italiano e i nuovi equilibri del Made in Italy

“Il problema non è solo economico, ma culturale,” afferma Tommaso Scalzi, Vicepresidente di FederImprese Europa.

“Quando un’impresa licenzia in modo arbitrario o strumentale, mina la fiducia nel sistema stesso. Difendere il lavoro non significa difendere chi lo usa come variabile di bilancio. La moda italiana non può permettersi di perdere la propria etica industriale: serve rispetto reciproco, sia da parte del datore che del dipendente.”

FederImprese Europa sottolinea che la crisi non può diventare un pretesto per abbassare le tutele o aggirare le regole, ma deve essere l’occasione per una riforma complessiva del sistema moda e delle relazioni industriali.

L’obiettivo: ricostruire un equilibrio tra competitività, legalità e dignità del lavoro, sostenendo chi produce nel rispetto delle norme e dei valori che rendono il Made in Italy un modello globale.

“Non esiste impresa senza legalità, e non esiste legalità senza impresa,” aggiunge Scalzi.

“La responsabilità datoriale oggi è anche morale: garantire stabilità, correttezza e trasparenza significa tutelare non solo i lavoratori, ma la reputazione dell’intero Paese.”

FederImprese Europa chiede pertanto al Governo, alle Regioni e alle associazioni di categoria di attivare un tavolo congiunto sulla sostenibilità occupazionale e giuridica del comparto moda, che unisca strumenti di sostegno economico, vigilanza sulle pratiche aziendali e percorsi di riqualificazione professionale.

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