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LEAN INNOVATION e nuovi paradigmi per un nuovo agire sociale.

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LEAN INNOVATION, cos’è?

Di cosa si parla quando si affronta l’argomento della lean innovation. Per innovazione si intende la realizzazione concreta di un’invenzione o di una scoperta, che modifica il paradigma esistente, riguardante un processo,  un prodotto o un servizio, che produce risultati o benefici maggiori, migliorando l’ambito sociale.

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Possiamo parlare di vera innovazione quando l’invenzione modifica l’agire sociale, cambiando, in modo sostanziale, le abitudini e i comportamenti delle persone, in meglio. Diversamente, si è in presenza di un “regresso sociale”.

Per innovazione si intende l’introduzione nel mercato di un prodotto, di un processo o di un servizio nuovo o significativamente migliorato. Ad esempio un nuovo modo di concepire il marketing, un metodo nuovo per analizzare e aggredire le perdite di un processo, un nuovo paradigma organizzativo.

Invenzione non è innovazione. Nel 1911, l’economista austriaco Joseph Alois Schumpeter, introdusse la differenza fondamentale tra invenzione e innovazione. Per innovazione si intende lo sviluppo di una nuova idea che viene successivamente processata attraverso step scientifici, tecnologici, organizzativi, finanziari e commerciali necessari all’implementazione dell’innovazione.

Più in generale, quando si parla di invenzione si intende la realizzazione, ex novo, di qualcosa che prima non esisteva, che è il risultato della creatività di una o più persone, mentre, si è in presenza di un’innovazione quando si realizza qualcosa di nuovo nel sistema economico, anche se slegato da una vera e propria invenzione.

Due sono i modelli d’innovazione della Lean innovation.

In ambito Lean i modelli di innovazione sono principalmente due:

  1. Progressiva incrementale (di impatto sociale), che migliora caratteristiche e funzionalità dei prodotti esistenti in modo costante, per rinvigorirli e renderli sempre più fruibili e appetibili per il mercato. Ad esempio, nel comparto automobili diverse case costruttrici arricchiscono di dotazioni elettroniche le proprie auto, per quanto concerne il confort e la sicurezza, arricchendo di optional i propri veicoli e migliorando il sistema di guida.
  2. Pervasiva totale, che cambia radicalmente i vecchi paradigmi, creandone altri sostanzialmente nuovi. Ad esempio l’invenzione dell’auto ibrida o elettrica, che ha creato una nuova compagine del mercato delle automobili, cambiando le abitudini di guida, di manutenzione, di rifornimento, in un settore ormai maturo da diversi decenni. Altro esempio significativo è l’introduzione sul mercato dello smartphone, un telefono cellulare con capacità di calcolo, memoria e connessione dati molto più avanzate e con una serie di accessori più performanti e funzionali rispetto a telefoni cellulari di precedente generazione.

L’esempio Toyota: applicare i due modelli Lean.

Parlando della Toyota, uno dei fattori del suo successo risiede nel fatto che, a livello strategico, vengono applicarli entrambi i modelli, a differenza delle altre aziende del settore che ne applicano solamente uno.

I tre elementi che danno vita all’innovazione.

Perché si possa parlare concretamente di innovazione, è necessario tenere conto dei tre elementi di base che, combinati insieme, permettono quell’attenta valutazione da cui scaturisce l’elemento novità, ovvero:

  1. Evoluzioni socio-demografiche
  2. Nuovi bisogni e desideri del mercato
  3. Evoluzioni tecnologiche

Evoluzioni socio demografiche.

Sono fenomeni, in buona parte, predicibili. Attraverso di esse è possibile prevedere i mutamenti futuri del contesto sociale come, ad esempio: le nuove abitudini, le caratteristiche della popolazione, la ridistribuzione della ricchezza, la crescita della popolazione, la propensione al consumo etc.

Nuovi bisogni e desideri di mercato.

Secondo Philip Kotler la definizione di “bisogno” è la seguente: “Un bisogno si manifesta quando una necessità di base per la vita umana non è soddisfatta…”

Quando si dice che “le imprese creano i bisogni” o che “le imprese convincono le persone ad acquistare oggetti di cui non hanno bisogno” si compie uno sbaglio: “le imprese non creano bisogni poiché i bisogni sono preesistenti agli operatori di mercato”. Quindi, è naturale che gli individui abbiano dei bisogni comuni e che cerchino di soddisfarli. Così come è naturale che le imprese entrino nel mercato per cercare di soddisfarli. Il discorso è però più complesso di quello che sembra, perché le persone, oltre ai bisogni (“needs” in inglese), manifestano anche “desideri” (“wants” in inglese).

Abbiamo visto come P. Kotler definisce i “bisogni”. Vediamo adesso il suo pensiero sui “desideri”: “I desideri umani sono costituiti dall’individuazione di qualcosa di più specifico in grado di soddisfare i bisogni più profondi … Per esempio, un americano può avere bisogno di mangiare e desiderare un hamburger, patatine fritte e una bibita. Una persona residente nelle isole Mauritius, che ha bisogno di mangiare, può invece desiderare un mango, riso, lenticchie e fagioli”.

I desideri variano a seconda della società in cui vengono espressi. Gli operatori, insieme ai fattori sociali, influenzano i desideri.

Le evoluzioni tecnologiche.

Questa sono invece più complesse e meno semplici da prevedere e collocare nel tempo. Ad esempio alcune tecnologie come il Wifi e il Bluetooth, sono diventate di dominio pubblico in tempi ben più dilatati, rispetto alle analisi e alle previsioni compiute dagli esperti di settore. In ogni caso, non si può prescindere, se si vuole innovare veramente e mantenere posizioni di leadership sul mercato, dalla tecnologia, che è un pilastro importantissimo. Se le aziende non maturano questa consapevolezza mettono a rischio il loro modello economico di business.

L’uso pervasivo della tecnologia richiederà, contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a pensare e temere, un contributo sempre più a valore dell’uomo. Toyota, d’altro canto, promuove la comparsa di nuove figure professionali che si renderanno indispensabili per la governance delle imprese del futuro. Queste nuove figure professionali verranno formate e addestrate dai manager dalle stesse aziende in quanto non facilmente reperibili sul mercato.

Integrare tecnologia e uomo e formare nuove figure professionali è parte del modello Toyota; in pieno esempio di Lean Innovation.

Questa, tra l’altro, è una delle caratteristiche peculiari di Toyota, dai tempi della nascita del modello TPS (Toyota Production System). I due termini “Monozukuri” (l’arte di saper fare bene le cose) e “Hitozukuri” (l’arte di saper far crescere le persone), rappresentano lo stile giapponese per la capitalizzazione della conoscenza e del suo costante sviluppo, che sono la chiave e la vera forza di questa azienda.

Ma che cos’è la Lean Innovation?

Per Lean Innovation si intende il modello che deriva dal Lean Thinking, strutturato attraverso un percorso organizzativo e tecnologico, per rendere più produttiva l’azienda, massimizzando il valore per il cliente, con meno sprechi di risorse possibile e attraverso una riorganizzazione e innovazione dei processi.

L’organizzazione snella focalizza i processi chiave attraverso un filo conduttore: la creazione di valore. Attraverso le logiche del pensiero snello e della lean innovation, si progettanno nuovi processi che producono, come risultato:

  • Alta concentrazione di attività a valore
  • Sprechi ridotti ai minimi termini, in presenza di vincoli
  • Flussi di attività tirati dal cliente
  • Zero errori
  • Tempi ridotti al minimo possibile
  • Spazi ridotti al minimo possibile
  • Meno risorse finanziarie
  • Processi decisionali veloci e sicuri
  • Lead Time corti
  • Time to market veloci
  • Creazione della cultura del cambiamento, in meglio, continuo

In sostanza, le aziende diventano estremamente competitive e sempre più in grado di anticipare e soddisfare bisogni e desideri dei clienti, con estrema velocità e flessibilità,  alti standard qualitativi,  tempi e costi bassi, incremento significativo della delivery totale e del livello di servizio, al cliente.

Lean Innovation method.

Questo è il modello teorico per l’innovazione. Può essere applicato sia a startup sia ad aziende consolidate e complesse. Infatti non solo le startup falliscono nel lancio di prodotti e servizi, ma anche le grandi aziende che devono rinnovare il proprio portfolio prodotti.

Il Lean Customer Innovation Method supporta le imprese nel complesso lavoro di focalizzazione del cliente, e può essere applicato a tutte le realtà di business, ovunque esistano persone, mezzi e processi. Senza questo processo, le aziende non hanno modo di validare le loro assunzioni sui clienti e, conseguentemente, la crescita del business.

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5 diversi step compongono il lean customer development model. Tutto il processo è basato su:

  • Formulazione di ipotesi
  • Verifica delle ipotesi
  • Conferma o smentita delle ipotesi: se viene confermata si procede, diversamente si riformulano altre ipotesi e si rieffettuano nuovi test.

In questo modo il team selezionato che lavora al progetto, dovrà produrre dati a sufficienza, per supportare le ipotesi individuate.

Primo step – Customer Discovery: chi sono i clienti e i non-clienti?

La Customer Discovery è l’inizio del processo. In questa fase il team è impegnato nel comprendere chi è realmente il cliente finale. In questa fase non viene richiesto di testare le caratteristiche del prodotto o il prodotto stesso con un focus group. Si tratta di effettuare ricerche nel mondo reale [genba (现场) in giapponese: luogo reale, dove accadono le cose], con veri potenziali clienti per vedere che cosa realmente accade.

Inoltre, ci si dovrà domandare chi sono i non clienti, cioè chi non utilizza quel prodotto o servizio, cosa richiede ed è pronto ad acquistare in alternativa e perché. Il team dovrà sviluppare una piena e consapevole comprensione del problema che il prodotto deve risolvere. Viene richiesto di stupire i clienti, di ispirarli, mostrando loro come un determinato prodotto e/o servizio può risolvere un loro bisogno o stupirli con la soddisfazione di un desiderio.

Secondo step – Customer Satisfaction (needs & desires)

La Customer satisfaction è la seconda parte del processo. Si giunge a questa fase quando il cliente e il mercato sono stati ben identificati dal team. In questo step si cerca di capire come raggiungere i clienti. Se la fase di customer satisfaction non funziona, il team deve ritornare nella fase di discovery per cercare di comprendere cosa manca o dove sia l’errore.

Terzo step – Customer Creation.

La Customer creation è il terzo step del processo ed è una parte fondamentale per la comprensione del contesto in cui si dovrà operare. Non tutte le startup entrano in mercati simili. Ci sono quattro differenti tipologie di mercato per una startup. Alcune fanno il loro ingresso in:

  1. Esistenti
  2. Nuovi
  3. Già esistenti come alternativa low cost
  4. Mercati di nicchia

Queste quattro tipologie non si escludono a vicenda. Spesso accade che alcune startup facciano il loro ingresso in mercati ibridi, originati attraverso la fusione di due o più delle quattro tipologie sopra descritte.

Quarto step – Lean Customer Value Proposition.

La Lean Value Proposition è il quarto step del processo ed è un elemento chiave che permette di illustrare il valore dei prodotti/servizi in relazione a un determinato segmento di clientela. Lo scopo è di cercare di risolvere bisogni e desideri dei clienti, per soddisfarne le loro aspettative o stupirli, con proposte a valore. La Lean value proposition risponde alla domanda: “Perché i clienti dovrebbero scegliere il mio prodotto/servizio?

Con questo approccio tutte le persone, al di là del background professionale, hanno la possibilità di comprendere elementi complessi riguardanti il funzionamento di un’intera azienda, in modo semplice ed estremamente intuitivo. Il modello si basa su un linguaggio visuale rapido da apprendere e accessibile: questo permette il massimo allineamento tra le persone coinvolte e, allo stesso tempo, rappresenta il grande vantaggio comunicativo di questo modello. La figura in basso rappresenta gli elementi distintivi della value proposition model map.

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La Mappa del Valore di basa sull’analisi dei clienti. I blocchi dei riduttori di difficoltà (pain reliever) e dei generatori di vantaggi (gain creator) dovrebbero fare da specchio a quelli delle difficoltà e dei vantaggi inseriti nella Mappa dei Clienti. Più sono sovrapponibili, più rappresenteranno delle reali soluzioni per i clienti.

Quinto step – Company Building.

È la parte finale del processo di customer development. Segna il passaggio da una fase di apprendimento in una vera e propria azienda o unità di business. In questa fase bisogna investire in iniziative di marketing e advertising per aumentare le vendite, non negli step precedenti,  per evitare il cash burn rate, cioè aumentare la velocità con cui l’azienda spende i soldi a sua disposizione quando, in realtà, non sta ancora incassando denaro.

Come usare il Lean customer development model.

Questo modello non sostituisce il Product Developmet model ma, anzi, lavorano in parallelo. È essenziale che sia il prodotto che il cliente siano considerati dalle prime fasi di costruzioni di un business, soprattutto nel campo delle startup. Il Customer Development model è leggermente differente perché, come si è già sottolineato, è iterativo: favorisce i fallimenti ed è normale muoversi avanti e indietro fra le varie fasi del processo per validare e verificare le varie assunzioni. I fallimenti che rovinano una startup sono quelli che vengono riconosciuti troppo tardi e sui quali si continua a investire tempo e denaro.

Il Business Model Canvas.

È uno strumento strategico di Business Design che utilizza il linguaggio visuale per creare e sviluppare modelli di business innovativi, ad alto valore. Si compila dopo aver completato il Lean customer development model e la value proposition; consente di rappresentare visivamente il modo in cui un’azienda crea, distribuisce e cattura valore per i propri clienti. È composto da un potente framework, all’interno del quale sono rappresentati, sotto forma di blocchi, i 9 elementi costitutivi di un’azienda:

  1. Partner chiave con cui l’impresa può stringere alleanze
  2. Attività chiave che servono per rendere funzionante il modello di business aziendale
  3. Risorse chiave necessarie perché l’azienda funzioni
  4. Struttura dei costi che l’azienda dovrà sostenere
  5. Proposte di valore contenente prodotti e servizi che l’azienda vuole offrire
  6. Relazioni con i clienti, ovvero la tipologia di relazioni che si instaurano con i clienti
  7. Canali di distribuzione e contatto con i clienti
  8. Segmenti di clientela ai quali l’azienda si rivolge
  9. Flussi di ricavi generato dalla vendita di prodotti e servizi

Questo modello può essere stampato in grandi dimensioni per facilitare il lavoro di gruppo. Le persone, infatti, possono disegnare e discutere gli elementi del nuovo modello di business con post-it e pennarelli. Grazie a questo approccio dinamico e partecipativo, l’espressione di ognuno viene facilitata in modo del tutto naturale, cosa che, per esempio, avviene con meno facilità in contesti di analisi e pianificazione.

Il Business Model Canvas favorisce comprensione, discussione e analisi del business e, allo stesso tempo, creatività e condivisione (vedi figura in basso).

La Lean Innovation rappresenta una nuova strategia per condurre al successo un’impresa.

Il processo di innovazione è sempre più importante per proiettare l’azienda parallelamente al mercato e, se possibile, anticiparlo. È quindi estremamente importante procedere in maniera strutturata, attraverso uno sviluppo dei passi e delle logiche «a tutto campo» pensando a come il cliente percepirà il nuovo prodotto o servizio e a come i reparti tecnici, produttivi e logistici potranno recepire, con successo, l’innovazione.

La Lean Innovation è una nuova strategia per condurre al successo un’impresa, attraverso un modello strutturato con metodologie e tecniche altamente innovative, per consentire uno sviluppo «snello», efficace ed efficiente, e condiviso da tutti. Attraverso l’integrazione con la filosofia Toyota, permette di comprendere e analizzare i fattori di successo, che consentono di presidiare l’innovazione, dal punto di vista dei tempi, costi, delivery e contenuti di integrazione con i partner esterni.

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Giorgio Di Mauro è il fondatore della DIMA Consulting una realtà che opera in ambito manageriale da oltre vent'anni, con un Team di consulenti e coach esperti, provenienti da diversi settori, in partnership con imprese che desiderano cambiare, in meglio, nelle aree Organizzazione, Personale, Operations, Supply Chain, Sales, After Sales e Innovation Management. Il modello adottato nei percorsi di cambiamento è il Toyota Production System. Ciò che li distingue nell'applicazione del modello è il modo in cui applicano il pensiero Lean, principio ispiratore che ha consolidato è aumentato il successo della Toyota nel corso degli anni.